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domenica 8 aprile 2018

Vieni nel nostro orto di fragole?

   Nel letto col piccolo ascoltiamo la nonna che declama Pascoli e Carducci usando una memoria misteriosa, e io frustrato che non ricordo bene neanche l’Infinito. Era l’una di notte e si rideva su quel divano-letto anche di certe battute in dialetto o per quelle domande assurde che ci faceva mia madre. Poi l’indomani prima del pranzo pasquale ci siamo messi a correre verso la riva, non prima che io mi metta con fare (forse troppo) trasognato a leggere L’infinito dallo smartphone: dando le spalle alla mareggiata. E il grande mi fa: voglio iniziare a scrivere poesie, mentre il piccolo ci fotografava tutto innamorato. Ah, e io che su questa stessa spiaggia ho fotografato mio padre mentre tirava “la rezza” con quel gozzo vecchio, e dove mi sono fatto la prima canna, e dove mi sono innamorato di Enrica allo stabilimento Sirio, e dove l’ho baciata poi più rilassato nei pomeriggi autunnali. La spiaggia dove in una notte di gennaio mi pareva di aver visto uno che si lanciava sugli scogli: e io scappando verso il motorino mi dicevo omiodio! maledicendo la rabbia nera che mi aveva spinto lì alle tre di notte in pieno inverno. La spiaggia dove ci portava la maestra a giocare a pallone all’inizio della primavera, e riemergono certe sforbiciate che lei filmava col superotto.
Poi in questo pranzo pasquale abbiamo mangiato un gustoso menù a base di pesce, circondati da parenti e da tanto mare schiumoso. Questo mare che quando stiamo in città lo trascuriamo anche nei pensieri, perché non c'è spazio nelle nostre teste piene di desideri, impegnati come siamo a mostrare sempre il nostro meglio agli altri, sempre a distanza di parenti. È ancora così, ma qualcosa sta scuotendo le nostre pose timide, proiettando ormai immagini quiete dei nostri potenti sogni in ogni scenario umano che frequentiamo. Non è più tempo di nascondersi dietro una barba o  una delle mille belle incapacità che mi porto appresso. Sto qua per scriverne sempre meglio. Tra un mese o un giorno saremo più saldi, e saremo ancora più gentili e decisi di ieri e un giorno saremo come noi siamo.







 Mi sono risvegliato in preda al terrore di una felicità vicina, no, lo so che quella va presa a piccoli dosi come una medicina. O come una tenera manfrina che mi ricorda quella foto di te bambina. E così io me ne sto oggi sereno a scriverne anche contro quella realtà che ci vuole solo martiri o cattivi. Ehi tu vieni a sdraiarti insieme a noi dentro al nostro orto di fragole in fiore.

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