Pagine

sabato 13 agosto 2016

elogio degli altri


  Ieri sera ho cenato con certi parenti che vedo circa una volta l’anno. Di solito in queste situazioni mi isolo, o bevo, o rido sguaiatamente: di solito non vorrei essere lì. Ieri invece volevo esserci, e non perché ho cambiato idea su di loro né per mancanza d’altro o per un’improvvisa affinità. Forse perché in questi giorni di ferie ci siamo portati appresso troppa tensione poi esplosa in macchina, a tavola, in piazza, e tale da farci rinunciare anche ad andare al mare. Fino a farmi sputare parole sentenziose di cui oggi mi vergogno. Siamo così serenamente una famiglia stramba eppure non abbiamo ancora imparato del tutto a convivere con le storture che ci portiamo appresso dall’infanzia. Qui è tutta aria di famiglia che ci pressa e rende piccolini nelle scelte, nelle parole e nei ricatti ma ieri sera sono riuscito a superarmi e dare il meglio di me: ascoltare ancora di più gli altri, praticare con grazia l’autoironia, e rafforzare l’ironia dei loro racconti. Loro parlavano di Cina o Ungheria e io di Anagnina e mia zia, eppure, ascoltare e poi far rimbalzare i racconti su quel prato ben annaffiato è stato così umano. Sì, lo ammetto: gli altri mi hanno salvato. E vale per tutti gli altri con cui ho condiviso racconti, risate e dolori. Prima degli altri ero introverso e presuntuoso: un groviglio sensibile di fumosi pensieri grandiosi.

Risultati immagini per la prima verità simona vinciHo finito di leggere La prima verità di Simona Vinci. 
Un libro che contiene tante storie legate dal filo nero della diversità internata, maltrattata e abbandonata su un’isola greca o sui marciapiedi di Budrio. Nel libro c’è una parte in cui la voce narrante racconta del rischio corso di cadere nell’isolamento mentale, di perdersi. La mia storia è ancora segnata da tale spavento: mi rivedo chiuso nella cameretta con la scritta sulla parete SIETE TUTTI STRONZI, fatta con la bomboletta. E tutto stava per esplodere, e tutto stava finendo già a quindici anni. Me la ricordo quell’ombra che si lanciava sugli scogli in una notte di novembre. Ora quell’ombra addirittura mi ripara a volte, e mi sconvolge in altre ancora, ma soprattutto oramai mi guida e spinge a frequentare gli altri, ad amarli fino alla devozione, a scappare dalle paranoie e dai silenzi quasi più lunghi dei pomeriggi afosi e massacranti di luce d’agosto. 
Simona Vinci ha scritto questo libro che è una benedizione per quelli come me che hanno sfiorato questo isolamento e che oggi se la ridono nel fa ridere gli altri in cene estive inimmaginabili d’inverno, o tempo fa.
   In questi giorni ho inviato messaggi a persone speciali – a certi altri che sono ancora più altri di alcuni – invitandoli a raggiungerci al mare disegnandogli a parole momenti di assoluta meraviglia, per conquistarli e trattenerli da me: loro sono occhi e braccia che valgono più di mille paesaggi tropicali. Nella mia testa ronzavano tour culturali e gastronomici da riservare a questi ospiti-soccoritori. So che poi gli avrei inflitto anche un po’ della mia ansia, e di quel misto di sottomissione e dedizione che caratterizza, e caratterizzerà sempre, il mio eccitante ospitare.




Nessun commento: