Davvero compare, come
pietra preziosa e un po’ misteriosa, un essere rosa, già tranquillo d’amore
mostra i segni di esso: occhi verso gioie sconosciute, a chi pretende amore
senza sacrificio d’attesa. Oggi un battito forte e inquietante percorre la
notte, di chi come me dorme distratto da niente, poiché il giorno sapeva di
vuoto. Non posso piangere la gioia che verrà, oggi non posso che vedere un
corpo tenero di carne che si appoggia a un braccio vecchio di sogni. La notte
sta chiudendo un giorno indimenticabilmente felice: concedo una tregua al mio
stupore d’amore per te, Lorenzo, protagonista di un giorno che davvero compare…
Tredici anni fa, dopo una
notte di travagli cesarei, con i miei enormi occhi che esplodevano felicità su
quei muri scrostati di scritte, arrivato a casa, ho scritto di getto la cosa lassù in corsivo.
Non capivo quasi nulla. Scrivevo anche perché lo avevo dichiarato con un piglio
spudorato, sullo spartitraffico della tiburtina, a due persone cui volevo un mare di bene. In un pomeriggio caldo di aprile, del '93. Aggiungendo, oltre al segreto che il mio
desiderio morboso fosse di scrivere, anche che non sapevo neppure fare
un'analisi grammaticale come si deve. Loro ridevano, e intanto sapevo che pensavano
a quel racconto che avevo scritto per la tesina a un corso Caritas: un caso
umano, una storiella esistenzialista in pasto ai preti puntigliosi di virgole, e sospettosi dei miei periodi troppo articolati. Oggi non capisco l'esistenza della Caritas sulla
terra, e scrivo come mi pare in questa certezza di blog. Tiè.
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