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martedì 13 agosto 2013

cocomeri all'ombra

Volevo staccare da questo ingombrante blog, per inquinare meno l'etere e le teste, e i miei pensieri. Niente, questo resta tra i luoghi migliori dove trascorrere le vacanze. Ridete pure, ma è così per me, che sto a metà delle ferie e vorrei spaccarle in due come un cocomero: vedere se c'è del liquido amniotico da leccare con le dita, tra i semi e la polpa rossa.
Se non avete proprio niente da leggere, non vi siete portati i libri dietro, o magari i classici volete evitarli ancora per un anno, allora vi suggerisco di leggere questi last minute qui. Per il resto, si sa, fate come vi pare.

Qui sotto c'è una cosetta di mio cugino Arturo; mi chiede cosa ne penso mentre io giro la mia faccia abbronzata da un'altra parte. Così lo faccio sentire davvero solo, come è giusto che si senta chi si azzarda a scrivere cosette in pubblico. Sbaglio?



ciambelle
Arriva di corsa fino alla riva, frena, e col piede sinistro sfiora l’acqua, barcolla per due secondi e si volta per guardare la madre. Un attimo dopo arriva pure il fratello piccolo che non riesce a frenare: si ritrova in acqua, in ginocchio, che fissa la trasparenza che arriva fino alla tellina che spinta dalla risacca s’intravede nella sabbia. Si mette a urlare per metà divertito, e per l’altra preoccupato per l’imminente ramanzina. Non sono ancora in costume. Niente, oggi, non arriva nessuna ramanzina. I genitori sono coi culi affossati nella sabbia, a un paio di metri uno dall’altro. Giocano con la sabbia. Lui scava rimanendo sempre allo stesso livello di profondità, lei se la lascia passare tra le dita lentamente, osservandola mentre scende. Da lontano sembrano uguali, se non fosse per il seno di lei e il costume attillato di lui. Pochi ombrelloni aperti, a fine giugno i villeggianti se ne stanno ancora indaffarati in città. Nel frattempo i due bimbi sono in acqua alta quanto loro e si affogano a vicenda fino allo sfinimento, e ridono. C’è una coppietta vicino a loro, sono un po’ nascosti da un gozzetto ancorato; si baciano e si abbracciano e si capisce che il salato sta aumentando le voglie di entrambi.

 

Passa il traghetto al largo e spacca in due il mare come un enorme cocomero, e lascia dietro alla sua poppa una scia che oggi appare più tossica: schiuma che si mischia col fumo nero di nafta. Poi sparisce.

 

Luisa viene da una notte insonne, ma questo non le ha impedito di preparare la sua solita buona frittata, che al risveglio si prende tutta l’aria della casa e annuncia la gita al mare o scampagnate; stavolta, e la preparazione eccitata delle frittate lo dimostra, non si sta fino all’ora di pranzo, ma, se va bene a papà, si rimane addirittura fino al tramonto. Fino a quando gli spiaggini degli stabilimenti non avranno smontato in fretta tutti gli ombrelloni, lettini e sdraio che durante il giorno disegnano la spiaggia.

 Loro frequentano la spiaggia libera: un corridoio stretto e lungo che accompagna lo sguardo fino al mare, e dalla strada, osservandolo, appena scendi dalla macchina, vedi armonie di linee confuse e colori diversi, e persone con pose che altrove sarebbero oscene, e bimbi che scavano infinite buche con l’idea fissa di trovare l’acqua, pur sapendo che sta lì a meno di tre metri dalle proprie gambe. Eppure, quando arrivano con le mani all’agognata acqua, urlano nemmeno avessero trovato le pepite d’oro nel proprio giardino.

Questo spazio vivo, estemporaneo, caotico e colorato, seppure silenzioso al confronto del mare agitato, questo luogo accoglie oggi Luisa e la sua giovane famiglia.

 

“Ti ricordi quando passava la signora delle ciambelle?”. La frase non ha ancora ricevuto la brezza che la aiuta a spostarsi e quindi, rimanendo ferma in aria poco sotto gli aquiloni, aspetta. Luisa ha ascoltato, certo, ma non vuole subito rispondergli, oggi le sembra davvero troppo rispondere immediatamente. Oggi ha dei suoi ritmi da rispettare, dettati dalle sue ansie strozzate. I suoi pensieri.

“Ricordo, e come! Ne volevo sempre due, una da mangiare subito e l’altra dopo il panino con la frittata.”

“Che bellezza, tutto quello zucchero che si appiccicava alla bocca e andava via solo al primo tuffo in acqua.” Tonino invece risponde subito, a causa delle sue ansie da prestazione che galleggiano tra gli occhi e la bocca. Aspettare per lui è come perdersi qualcosa, che poi mica si capisce bene cosa sia questo qualcosa. Spesso non fa finire la frase alla moglie, che già lui ne comincia una. E poi si litiga; i ritmi, le pause e le ansie sono il prologo di ogni sipario calato in quegli anni di vita in comune. I bambini riuscivano a spostare o far temporeggiare la scesa di quel sipario, coi loro capricci e richieste, ma quando scendeva scendeva, e ci voleva una serata d’amore improvvisa o una telefonata imprevista, per rientrare in scena come se niente fosse.

Tonino, alleggerito della pronta risposta sul ricordo delle ciambelle zuccherose, si fa coraggio e stende la testa sul ventre della moglie. È bollente, e molle, e gli procura un accenno di erezione. Vede il cielo azzurro senza nuvole e sente il mare che s’infrange senza lasciare tracce e pensa all’appuntamento di domani mattina. Si scurisce e tenta di addormentarsi. Luisa nel sentirsi premere il ventre è costretta a uno sforzo di posizionamento, e respira un po’ affannosamente, ma pare che le è piacevole sopportare quei capelli e quelle ossa, dallo sguardo che esibisce si direbbe che la faccia sentire meno preoccupata.

“Mamma abbiamo fame!”

Nel rialzarsi di scatto con la testa prova una fitta, ma nessuno se ne accorge. Rassicura i bambini che i panini sono nella borsa, glieli da subito, poi li osserva, dura pochi attimi; in quegli attimi lascia scorrere immagini di lei bimba nella casa dello zio, brutte immagini che si sovrappongono a quelle dei suoi figli di ora, nitide nel loro splendore; sarebbero un caos nella testa di un altro, non né la sua, che accoglie le immagini e si commuove, ma nessuno se ne accorge. Tonino è a gambe incrociate anche lui con il panino tra le mani, e negli occhi il fastidio del sole.

I due innamorati di prima sono usciti dall’acqua, e chissà se hanno ancora voglia di amoreggiare tra la gente. Camminano avvinghiati verso il proprio ombrellone del lido e si fissano negli occhi, intervallando lo sguardo con vedute vaghe tra la sabbia e il niente.

Il piccolo si sta leccando le dita impregnate di sottiletta filante, sotto, tra i crateri di sabbia, ci sono pezzi gialli di frittata che da lì a poco saranno sotterrati senza tanto sforzo da piedi irrequieti.  I topi del turno serale sono già in allerta.

“Ti va di andarmi a comprare un gelato?”. Tonino sta già contando gli spicci e si sta per alzare quando Luisa gli chiede, con una smorfia che sembra un sorriso soffocato, “ma almeno chiedimi quale voglio, no?”. “Vabbè, lo so già, il solito cornetto tuo ti porto, no?”. Ecco, sta per togliere i lacci al sipario, ma, osservando il marito di spalle, con quel costume blu comprato da lei otto anni prima all’Oviesse, e intuendo che quel suo corpo asciutto e curvo nasconda chissà quali paure, e vedere quei capelli neri coprire chissà quante incertezze, Luisa, con quegli occhi verdi pieni di lacrime abbassa lo sguardo, ma nessuno se ne accorge.

 

“Coccobello, coccorinfrescante!”

 

Con la pancia schiacciata sulla sabbia, Luisa risponde al telefono a Rosa e le racconta dell’ultima volta che ha fatto l’amore, e come si sia prestata volentieri a delle nuove porcate. Le dice che a Tonino gli erano piaciute. Poi continua raccontando di averlo osservato mentre faceva smorfie nuove che sembravano d’insoddisfazione, mentre gli stava sopra, e nello stesso momento si è guardata le cosce, intravedendo una piccola, quasi impercettibile, smagliatura. E le chiede agitata: perché ho fatto quelle cose per lui? Non le basto più? Poi si erano messe a ridere, dopo cinque o sei risposte rimaste sospese tra la sabbia bollente e la pianura afosa, dicendosi cose frivole e creando con battute leggere un clima adolescenziale.

In realtà nella sua testa niente è più adolescenziale in questi giorni, tra l’amore di quella notte e il mare di questa mattina. Tonino lo sa, ma preferisce terminare le frasi al posto suo e correre a comprarle i gelati.

 

Con tutta la vaniglia che si scioglieva sulle labbra e senza neanche pulirsi, e con tutta quella cioccolata che masticava nella bocca, Luisa, accortasi di un’imminente sonnolenza negli occhi del marito, gli dice: Tonì, ma domani, prima di andare all’ambulatorio, perché non ci fermiamo al bar a fare colazione assieme? Ha certe ciambelle buone il bar centrale, magari ce ne mangiamo due a testa. Sai che bello, con quell’aria fresca addosso. E con la lingua si decide a pulire il labbro inferiore e mentre lo fa sembra una bimba che non vuole far cadere nemmeno una goccia di gelato, e trattenendo quel sapore dolciastro sorride con gli occhi socchiusi da uno sforzo esagerato. Ma nessuno se ne accorge.

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