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mercoledì 17 luglio 2013

e non ero io

Cerco lavoro e pure una ragione, per essere migliore, e per non pentirmi di nuovo. Per esistere, e non tradire il patto che feci nel sottopasso della stazione di Bologna, era il ’95, e il telefono era un pugnale contro di me, e le parole, con quel tono animalesco spingevano verso l’unica via di fuga. Eri tu. Era Roma, era di maggio. In fondo al tunnel c’era quel poster de “L’amore molesto” che mi procurò una smorfia, e più avanti studenti post-scapigliati (erano arrivati post dalla fine dell’ottocento) che non riuscivano proprio ad attrarmi nei loro gruppetti fumosi. Quindi tirai dritto e guardai le mie scarpe che si muovevano leggere su quell’asfalto comunista, che, senza più accoglienza né allegria, restava solo nero e sporco. Ero paurosamente solo, al nord, con accanto solo l’epigono che ero che mi perseguitava e che stavo per scaraventare contro una vetrina. Non lo feci poiché, fiutando la fine, l’epigono si mise a seguire un ragazzetto di Potenza appena sceso dal treno, con le sue luccicanti Converse che spingevano una valigia piena di carne ancora congelata.

Cerco lavoro, perché cercare è sinonimo di stile, e io cerco ancora, in questa serata di rinunce e dolore; cerco anche quel ragazzo che dentro a un casolare pieno di fricchettoni toscani, in assoluta minoranza, ma senza violenza, dichiarò di apprezzare un noto sindacalista, e spiegandolo, e forse senza volerlo, fece una sorprendente lezione di stile: applicato all’esistenza e su quello che sentiamo davvero. Tra le più belle che abbia sentito, davvero. Ti amo ragazzo. E non ero io.

 

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