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martedì 19 marzo 2013

1949, l'altro ieri


Ieri ho ascoltato una storia tragica accaduta alla mia famiglia. Me l’ha raccontata mia madre, in macchina, dentro all’inferno del raccordo anulare, mentre la accompagnavo alla stazione. La coda di auto aumentava la tensione, e le lamiere mi proiettavano fredde verso la disgrazia colorata di particolari emersi dalle mie mille domande. Si tratta di un mio lontano cuginetto, che nel 1949, a soli tre anni, morì. Il fatto è tragico ed ebbe risvolti irreversibili per suo padre. Mio zio. Chiaramente, ne risentì l’intera famiglia. Oggi anche un po’ io.  Mi appare l’enorme fragilità che irrompe e che investe e modifica per sempre i caratteri, le abitudini, le scelte, le posture - e le tante parole non dette - che hanno determinato la storia della famiglia. La guerra era appena finita oltre che nella sua rappresentazione scenica, che conosciamo a memoria dai film, anche dai cocci, dai corpi feriti, e dalle infinite scorie psicologiche, che stavano appena appena facendo i conti con la gioiosa frenesia di ricominciare daccapo. Da misere e scoraggianti macerie. In quel fermento di donne formose e uomini smagriti, di case tirate su in una nottata e strade polverose piene di bambini scalzi, in questo scenario accadde la disgrazia. Fellini faceva ancora lo sceneggiatore.

Non riesco ancora a raccontarla una disgrazia, un dramma così scioccante che rischia di succhiarsi tutta la storia, a dispetto dei preziosi dettagli, delle ombre e delle omissioni e delle comparse e dei silenzi, che avrebbero più spessore del fatto centrale, almeno per la mia sensibilità. Eppure vorrei raccontarla, poiché rappresenterebbe un inizio, un margine da cui risalire e raccontare delle mostruosità familiari, che stanno lì, stese al vento dei giorni del presente: ne vedi i contorni, le sbavature e le inconfondibili storture narrative. Di fatto, ieri, prima di riascoltarla, ne conoscevo appena il dieci per cento di questa storia; adesso potrei riempirne quasi la metà di cose vere. Ma siccome il puro autobiografismo mi annoia ormai, non mi resta che aspettare una tempesta perfetta che scompagini il vero, accettandone il fantastico; ci sarebbe l’autofiction, direbbe Pascale. Il grottesco, Ammaniti. I racconti a mosaico, Cognetti. La commedia, Piccolo. Lo psicoanalista, una mia amica.
 
foto di luciano d'alessandro
 

Ecco, a me piace assai raccontare fatti privati che si mischiano ai fatti pubblici. Cose realmente accadute, dentro abnormi e verosimili cazzeggi urbani. Scopate drammatiche al limite di un amore, che sbattono contro fellatio liberatorie in parcheggi di stazioni lunari. Innamoramenti improvvisi, prima di abbandoni tardivi. Conformismi astuti di grigiore, accanto a discorsi diretti e umanissimi di compassione. Questo vale per tutti, compreso te, vigliacco spione che non sai dichiarare il dolore.

                        Auguri giovane ottantenne di Newark!
 
pastorale

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