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sabato 23 febbraio 2013

quasi le tre di notte


Mi vedranno schiacciato dal masso della storia, non capiranno il perché, allora, nelle serate estive trascorse assieme, comunque mostravo sorrisi a pieni denti ai presenti. Perché? Poi, masticando l’inganno, si ritroveranno per le vie del centro a prendersi le carezze di gomma dalle commesse sceme, da contratto.

Sempre la sabbia del mare resta nelle orecchie, così le immagini serene scorrono nelle vene, ma ora, qui, che sono quasi le tre di notte, nella stanza c'è solo il giallo della lampada. Voi due siete sdraiati nei sogni d’infinite partite a pallone. Così la notte emigra nell’angoscia, per sentito dire, in piazza al bar, ognuno apre alle sue ore peggiori: ridendo e confondendo la realtà, il nemico si prende il peggio dei pensieri. Questo percepivo ieri nei passi dei simpatici ragazzi da ascoltare in una piazza di curia romana, nelle loro ferme convinzioni osservate nei milioni di televisori accesi. Sembravano storditi di euforie passeggere.

Mi vedranno quel giorno disidratato di sogni che bestemmio il paese d’origine e tutti i passati silenzi, mentre lo fanno, non crederanno più a qualche dio, compreso me; così, a testa bassa tra le case, un sorriso nella tasca li spingerà a bere il miglior vino del paese. Con me tra i capelli e l’aria.

 

Questo c’era nel pieno della notte, tra un incubo e il suo doppio, poi al mattino la pioggia fredda di vento ci fa sorridere, dopo un prelievo di sangue, davanti a due splendidi cappuccini chiari di schiuma. I nostri nasi sporchi di latte si sfiorano tra abbracci spontanei, era ancora buio e lo ricordo solo ora, ma è tutto ancora presente tra le mie ossa e i polmoni pieni aperti. Ridi e i tuoi capelli si spettinano silenziosi. Fuori la giornata è enorme, noi siamo pronti a correre come cani felici: le code le nascondiamo per pudore.
 

 
 

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