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mercoledì 12 dicembre 2012

la macchia umana, di Philip Roth






Con questo libro di Roth sono cresciuto come lettore. Ora posso dire di aver assorbito tanta di quella rimbombante complessità, da risultare semplice la visione d’insieme. Ho goduto dei ritratti netti che i personaggi  indossano nel romanzo,  coi loro panni delle mille corruzioni, e delle infinite gabbie del male. Dell’autentica e zoppicante capacità adattiva. Dell’amore costruito nel tempo, e di quello improvviso. Del sesso cosi com’è. Inoltre ho imparato un po’ delle cose accadute in questi anni negli Stati uniti, e nell’Occidente tutto. In fondo posso dire che questo libro ha fatto anche emergere alcuni dei miei misteri oscuri, quindi ignoti, e appena appena percepiti al volgere di certe pagine potenti. Questo è avvenuto leggendo avidamente del percorso esistenziale di Coleman, e seguendo l’inquietudine di Faunia come se fosse una derelitta per poi scoprire, appena entra in scena il suo pensiero snocciolato, che la sua profondità non è misurabile in un quarto d’ora, tanto meno esige compassione a buon mercato. E’ molto di più, che ancora non ho del tutto elaborato.

Ogni personaggio di questo libro concorre, con la dignità nei passi, per un posto nell’olimpo delle storie da studiare tra mille anni, così da tentare una lettura definitiva su quel che siamo oggi noi occidentali nevrotici e insaziabili, adorabili e informatissimi, in questi anni complicati dalla noia. E non solo. Anche per mantenere uno specchio lucido - avendo intorno una cornice dorata e tagliente – dove far specchiare le nostre facce sature di presunzione.  

Roth riesce a far penetrare i personaggi e le loro azioni senza che te ne accorgi, col risultato di racconti nel racconto, di sentimenti che rimbalzano senza fermarsi mai. Questo credo sia davvero bello, contemporaneo e generoso che accada davanti ai nostri occhi sensibili.

Non solo. Con la lettura de “La macchia umana”, sono arrivato anch’io davanti a un lago ghiacciato, prima di addormentarmi, da dove osservavo il male come un intreccio di paure e desideri tra il candore e la neve, e quindi ricevendo la conferma per la vacuità di ogni redenzione da compiere la domenica mattina. Prima dell’aperitivo. Semmai, rovistare dentro di noi nelle secche di certe sere d’inverno, con l’umidità ai massimi livelli, e le energie residue spente da orribili persone di cui desideri la sparizione, che poi non basta farli fuori col pensiero, perché la notte è immensa e accoglie ogni disfatta, includendo gli spettri vestiti con le tue ansie migliori.

Avrei voglia di leggere come esigenza pari al bere, visto che quando è asciutta la mia mente sbando arraffando il peggio che circola in giro: deformo il mio mondo e lascio entrare il marcio.

Regalatemi libri a Natale o al mio compleanno, perché il vino lo prendo io.

2 commenti:

Elena ha detto...

Il tuo specchio complica i contorni delle cose in modo che entrino nel profilo di un uomo (o di una donna).
Non conosco questo libro di Roth. Invece conosco molto bene la voglia di leggere come esigenza pari al bere.
Lo sai, ogni volta che ho regalato un libro ho fatto fiasco..



peppe stamegna ha detto...

vabbè il fiasco mica si butta!