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mercoledì 11 luglio 2012

diario balneare di mio cugino arturo (primo)


Ho una voglia matta di creare una lista, anzi due, dove elencare tutte le cose e persone brutte con cui ho avuto a che fare quest’anno. Poi un’altra dove evidenziare le persone e fatti che invece sono stati importanti e belli; ma in fondo in fondo non mi va di farlo. Basterebbe dire che tutto quello che ha riguardato il lavoro è stato pesante e a tratti orrendo, nel senso di pauroso per la profondità schifosa in cui stavo precipitando. Ah, ne approfitto di questa finestra pubblica per mettere un annuncio: cerco lavoro, di ogni genere, basta che lo stipendio superi, anche di poco, i mille euro.

Invece è meglio parlare delle belle persone che ho conosciuto, sentito, frequentato in questi mesi. In primis la mia splendida famiglia. J. che eccelle a scuola, L. che ha imparato a giocare a pallone, ed è richiesto nelle squadre che nemmeno io da piccolo. E io ero forte, eh!

Poi tanti amici con cui ho scambiato euforie e depressioni. Inutile fingere, e soprattutto scrivendo di queste cose. I posteri già rideranno di noi, figurati se ci mettiamo pure ad abbellire i nostri trascorsi. San plutonio, facciamo gli adulti. Niente mezzucci formali per dichiarare i propri sentimenti. E dai, su.

In questi giorni di auto-reclusione mi sono comprato delle birre a buon mercato, sono di quelle che bevono i simpatici rumeni che abitano nel silos, una volta agricolo, ora più urbano di Bombay. Più gas che luppolo. D’istinto mi veniva di uscire sul pianerottolo e fare rutti in direzione del vicino. Non l’ho fatto, tranquilli, ho preferito usare questa birra come alleata della Valeria per donarmi gocce di splendore, di umanità. Poi ho letto molto: il grande Gastby, finalmente. E quella decadenza che si trasformava in tragedia pareva un monito anche per me. Ho ripreso “il più grande spettacolo della terra”, di Dawkins, che mi ha consigliato il mio scrittore preferito. Quello di Giordano Meacci non riesco a proseguirlo, quello della Raimo, solo in parte mi è piaciuto. “Lettera al padre”, di Kafka, mi chiama tutti i giorni dal comodino, invano. Ieri sera ho iniziato a vedere un film con Violante Placido, ma era davvero brutto, e, pur ammirando ‘sti corpi all’aperto sul mondo, ho preferito pensare cose astruse sul letto riguardo alle collocazioni precise in quel dato momento delle persone a cui voglio bene. Starà a letto o a fumare una sigaretta? magari si è ricordato ora di annaffiare la salvia. Continuando così fino al crollo nel sonno.

Poi ieri avevo ascoltato anche David Bowie, che di tanto in tanto mi entra nel cervello con quella sua musica così sognante.



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