Oggi ho bevuto quasi un’intera
bottiglia di falanghina. Ho mangiato come un dio. Festeggiato come un pascià.
Altre cosette intime che non sto a dire. Niente retorica: Grillo è la novità,
una volta le prugne sapevano quasi di prugne, eh! No, oggi, in questo giorno
speciale, di solitudine e amore, di tensione e silenzio, io vedo la mia vita
sgargiante. Potrei vivere pure povero e con tachicardie, ma salto tra le vostre
convinzioni come un grillo vero e bacio in bocca le farfalle. Io vedo tutto,
anche i tuoi punti neri. Anche la tua innocenza. E poi ho letto Dino Campana,
mica Montale, e tutto il suo ermetismo che sa di tappo. Pardon, premio nobel,
ossequi a voi discepoli come polli d’allevamento, io scelgo sempre il peggio.
Non so fare altro. Vedermi morire davanti a una fila di ombrelloni chiusi, ecco
il mio testamento che sa di selenio. Amore mio, perdonami e portami a Parigi.
Fammi toccare il letto di Van Gogh, e i capelli di Tina Modotti. Portami in
braccio fino in Patagonia, e non scomodare Chatwin.
Una fila di amici davanti al mio
letto, e nemmeno un pidocchio di nemico: cazzo, meglio di Berlinguer.
Delirante sogno di fuga, e non so
deandrè, gli amici fragili li accarezzo perché sono veri di ossa e sangue.
Nessun dolore borghese da espiare, no, io sono uno straccio di vicolo mezzo
avvizzito. Embè? Toccami e ti darò quel che vuoi, una frase, un bacio, un
progetto per sognare. Chiamami.
Parole, parole consumate senza luci
naturali, vengono fuori come zampilli d’amore che piangono davanti agli occhi
di Tiziana, ragazzina nomade che vaga da due anni nei boschi piatti di una Roma
stiracchiata e lontana.
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