Pagare, c’è da pagare il conto di
questi anni di illusioni quasi gratis per noi. Mutuo, gas e multe. Sono stati
giorni di tasche vuote come quando adolescente campavo d’aria. Ecco, a volte mi
sento una bolla d’aria e me ne vado rotolando tra nuvole e colline in cerca di
erba fresca di pensieri.
Ci sono fatti che ci inchiodano alla
realtà per ore e ore, anche di sabato, fin dopo il tramonto. Un televisore
sputa fuori senza soluzione di continuità quaderni immolati sull’asfalto ancora
più nero. E noi paralizzati come il divano, e con una voglia di stare zitti
fino al domani, bloccando per un minuto le parole amare di sangue.
Ieri mentre facevo certi esercizi di canto,
sentivo dei suoni interni, delle vibrazioni, che coprivano tutta la stanza.
Senza parole eravamo tutti migliori. Alla fine avevo voglia di abbracciarli
tutti, quelli del corso. Una bolla d’aria. In quegli attimi tutte le
convinzioni che fabbrico di solito all’alba, e che mi servono per corazzarmi
contro una realtà d’incertezze e di parole vuote, si sono sedimentate per bene
lasciando spazio al leggero presente. Per il resto nessuno che usi parole piene verso di me, ma, a dire il
vero, nemmeno per gli altri lo fanno, mi sa. Spesso sono frasi di seconda mano
e a volte così vuote che ne sento anche il rimbombo. Allora mi metto a
riempirlo quel rimbombo: faccio il clown.
Ridurre le aspettative, leggere un
libro nuovo, andare al cinema, toccare la pietà di Michelangelo. Osservare il
piacere prima di toccarlo. Senza affanno, come un lord alle prese con dei
simpatici selvaggi chiassosi e muscolosi. Come Nanni Moretti nel circo di
Cannes.
Cercare le parole necessarie per
raccontare, evitando di dichiarare, prima di narrarlo, le cose che prendonoforma nel tempo che gli hai dedicato. Non
avere paura del buio né degli altri: farsi un tuffo nell’acqua ghiacciata di un
nuovo concetto di diversità. Facendolo non sentirsi meglio del diverso, ma solo
un po’ più contemporaneo e sereno del tuo dio nazista.
Arriva il pomeriggio e mi ricordo di
un complimento che mi ha fatto vedere terra nuova, poi sorrisi famigliari che
sbocciano tra i gerani al balcone e, come presenza improvvisa e deflagrante, un
libro di racconti con tante parole inedite.
Questo basta per salvare dal dirupo un
purgatorio di fine settimana?
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