Niente, c’è poco da fare. Mi tocca
aspettare un colpo di culo; un capitombolo che mi faccia scordare la rabbia e riprendere
un cammino leggero verso il mare. Qui tutto intorno solo urla e fegati messi in
mostra. Aspetto un vento, tiepido e delicato, che mi faccia respirare aria
fresca di levante. Ma con l’aria non si fa una storia, e neppure con le
metafore all’una di notte. Mi piacerebbe ancora giocare a fare il ragazzo che
aspetta storia mascherata di facce nuove e con bocche traboccanti complimenti e
carezze di parole. Ma è scaduto il tempo dell’esser
ragazzo.
C’era un tipo della casa dei diritti
sociali, tempo fa, che doveva darmi lavoro
presso un magazzino. Per qualche mese lo chiamavo o passavo in ufficio o lo
cercavo presso l’associazione, quasi tutti i giorni. Lui non mi diceva mai di
no, ma neanche di sì. Aspettava. Diceva che bisognava aspettare. Ma cosa? Un
giorno vado nel suo ufficio allo scalo di S. Lorenzo e gli chiedo in maniera un
po’più decisa se mi dava ‘sto cazzo
di lavoro. No, mi risponde. E perché? No, mi sa che tu sei uno che non vuole
lavorare… (Sempre stato pacifico io, e forse, a pensarci bene, così facendo non
ho contribuito all’evolversi della società). Sorrido, e gli ricordo che lavoro
da sempre.
Infatti, già a otto anni raccoglievo pomodori dalle sei del mattino da mio zio; filari stretti e lunghi, verderame che s’infila sotto le unghie, e io che corro più di tutti col secchio pieno. Poi a tredici anni lavoro insieme a mio padre cassaintegrato: andiamo a pescare con altre improvvisate braccia d’uomini. Stavolta però si cominciava alle quattro di notte. Ecco i miei schiaffi di parole per’sto Michele che comodo dietro a una scrivania sputtanava la mia storia, conoscendo solo un mucchio di idiozie ideologiche travestite da solidarietà a buon mercato. Biologico, pure.
Infatti, già a otto anni raccoglievo pomodori dalle sei del mattino da mio zio; filari stretti e lunghi, verderame che s’infila sotto le unghie, e io che corro più di tutti col secchio pieno. Poi a tredici anni lavoro insieme a mio padre cassaintegrato: andiamo a pescare con altre improvvisate braccia d’uomini. Stavolta però si cominciava alle quattro di notte. Ecco i miei schiaffi di parole per’sto Michele che comodo dietro a una scrivania sputtanava la mia storia, conoscendo solo un mucchio di idiozie ideologiche travestite da solidarietà a buon mercato. Biologico, pure.
Stasera penso di aver sbagliato a
elemosinare attenzione da certe persone, perché così facendo ho fatto due passi
indietro nella mia evoluzione, e me ne pento. Mi sono iscritto all’università a
ventotto anni e a trentuno avevo già finito tutti gli esami. Ho aspettato il
cambio della riforma e mi sono laureato discutendo la tesi con mio figlio
Lorenzo nel passeggino: 110 senza la lode, perché Franco Alvaro era un po’ come
Michele del biologico, entrambi non convinti fino in fondo delle mie capacità. Il mio
vittimismo poi ha sfruttato queste storture, e si è lasciato prendere dal
pianto delle auto-rinunce, dal punirsi perché non valgo, e tante altre
innominabili questioni d’anima e di umani cedimenti. Adesso staziono in una cooperativa rossa con
l’idea che a Michele, e a tutta la sua generazione, dovevo dargli davvero uno
spintone e spodestare la loro mummificata saggezza. Allora sì che l’evoluzione
mi avrebbe accolto nelle sue lunghe braccia. Ma si sa anche che non riesco a
mettere le mani addosso a nessuno, quindi non chiedetemi troppo.
Segue intervista a un socio
lavoratore.
Cosa pensi delle condizioni lavorative presso la tua Coop?
Non va così male, ma con 900 euro al
mese ‘sti discorsi non hanno senso.
E cosa avrebbe senso?
Non di certo fare la rivoluzione, ma basterebbe
applicare bene la Costituzione italiana in ogni luogo.
E come?
Inviare verificatori dell’applicazione
della Costituzione italiana, presso aziende, ospedali, luoghi di lavoro in
genere; pagati dalla presidenza direttamente.
Basterebbe?
Certo, se applichi i dettami della
Costituzione non avresti ingiustizie sociali, quindi lavorative,
discriminatorie, etc. In quel testo c’è il meglio per una decente convivenza
civile. Basta solo verificare che sia applicata nel suo insieme. Senza la
retorica dei grandi eventi ci sarebbero i miglioramenti dei piccoli gesti.
Ora cosa fai?
Sono ricoverato da due mesi in questa
clinica psichiatrica gestita dalla mia cooperativa rossa. Tutte le sere leggo
Zagor e poi, prima di crollare, anche un po’ di Paperino.
http://lettura.corriere.it/debates/la-sinistra-e-come-mia-zia/
http://lettura.corriere.it/debates/la-sinistra-e-come-mia-zia/
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