Pagine

giovedì 3 novembre 2011

il nonno e la tara


Sei una tara venuta bene, in un pomeriggio lontano, abbagliato, e senza sorrisi. Ora, nascosto tra il nero dei pensieri e da un passato zoppicante che bussa alla porta, ridi fino a tarda notte. A volte fino al mattino, dove ci arrivi con la faccia serena di un bambino umorale. E non lasciatelo solo, neppure al mattino. Vuole carezze di parole sparite di colpo tanti anni fa; non ieri. Ricorda di quel fortino assediato dai “bambini cattivi”, in un pomeriggio lungo di maggio, senza luce ma solo un prato verde tra sentieri inospitali. Da lì a poco si ritrovano, lui e un suo compagnetto, appesi a delle corde di cantiere, di fronte ragazzini poco più grandi di loro con facce tirate e senza smorfie. Si lasciavano torturare per una resa anagrafica. Lo scempio finì con sfregio inaspettato. Ancora oggi ricorda quel puzzo che durò tutto il tempo di liberarsi da quelle corde. Il trofeo che i ragazzini portarono via, oltre al potere mantenuto in quartiere, anche due fionde appena inaugurate dai due sventurati “bambini buoni”.
Tutto il potere sfiorato, tutto l’inganno digerito, stanotte non gli basta solo ricordare l’origine delle sventure, no, in questa notte di deboli spauracchi, dove solo una bella canzone improvvisa potrebbe accorciare le distanze col dolore, insomma, ora sarebbe il caso di chiudere il periodo, ché di virgole non ne ho più a disposizione.
Un nonno cattivo e ubriaco lo sta aspettando davanti al vecchio portone arrugginito dal mare. Lo aspetta, e mentre lo fa, si fuma l’ennesima nazionale. Un puzzo stride con l’aria assolutamente pura di uno scoglio morbido e accogliente, che doveva esser Gaeta almeno cento anni fa. L’assedio era già alla porta mentre il nonno, sfilatosi la cinta, prese a frustate il nipote appena rientrato da una notte d’amore e d’odio. Ma chi glielo spiegava a quel vecchio che era rimasto tutto il tempo impigliato a una rete a maglie strette, e non ne voleva sapere del “vapore” che l’avrebbe portato a sfamare un’intera famiglia di là dell’oceano immenso e miserabile di uomini e morte. Nessuno glielo spiegava, neppure il maestro, che si vide ritirare uno ad uno tutti i suoi figli e poi i  nipoti, da una scuola che serviva a poco. Non alla loro famiglia, che invece voleva braccia per tirare le reti dal mare nero.
Tra il nonno e la nonna negli anni sono passate qualche centinaia di parole, totali, non come vocaboli, e qualche carezza iniziale. Poi cupi ruoli da mantenere nel tempo; erano teneri soldatini di un regno lontano e sovrano dei loro sentimenti. Cosa si aspetta oggi questo ragazzo dentro questo spicchio di storia. Un grammo di fortuna per bilanciare la tara?

Nessun commento: