Sei una tara venuta bene, in un
pomeriggio lontano, abbagliato, e senza sorrisi. Ora, nascosto tra il nero dei
pensieri e da un passato zoppicante che bussa alla porta, ridi fino a tarda
notte. A volte fino al mattino, dove ci arrivi con la faccia serena di un
bambino umorale. E non lasciatelo solo, neppure al mattino. Vuole carezze di
parole sparite di colpo tanti anni fa; non ieri. Ricorda di quel fortino
assediato dai “bambini cattivi”, in un pomeriggio lungo di maggio, senza luce ma
solo un prato verde tra sentieri inospitali. Da lì a poco si ritrovano, lui e
un suo compagnetto, appesi a delle corde di cantiere, di fronte ragazzini poco
più grandi di loro con facce tirate e senza smorfie. Si lasciavano torturare
per una resa anagrafica. Lo scempio finì con sfregio inaspettato. Ancora oggi
ricorda quel puzzo che durò tutto il tempo di liberarsi da quelle corde. Il trofeo
che i ragazzini portarono via, oltre al potere mantenuto in quartiere, anche
due fionde appena inaugurate dai due sventurati “bambini buoni”.
Tutto il potere sfiorato, tutto l’inganno
digerito, stanotte non gli basta solo ricordare l’origine delle sventure, no,
in questa notte di deboli spauracchi, dove solo una bella canzone improvvisa
potrebbe accorciare le distanze col dolore, insomma, ora sarebbe il caso di
chiudere il periodo, ché di virgole non ne ho più a disposizione.
Un nonno cattivo e ubriaco lo sta
aspettando davanti al vecchio portone arrugginito dal mare. Lo aspetta, e
mentre lo fa, si fuma l’ennesima nazionale. Un puzzo stride con l’aria assolutamente
pura di uno scoglio morbido e accogliente, che doveva esser Gaeta almeno cento
anni fa. L’assedio era già alla porta mentre il nonno, sfilatosi la cinta,
prese a frustate il nipote appena rientrato da una notte d’amore e d’odio. Ma chi
glielo spiegava a quel vecchio che era rimasto tutto il tempo impigliato a una
rete a maglie strette, e non ne voleva sapere del “vapore” che l’avrebbe
portato a sfamare un’intera famiglia di là dell’oceano immenso e miserabile di
uomini e morte. Nessuno glielo spiegava, neppure il maestro, che si vide
ritirare uno ad uno tutti i suoi figli e poi i
nipoti, da una scuola che serviva a poco. Non alla loro famiglia, che
invece voleva braccia per tirare le reti dal mare nero.
Tra il nonno e la nonna negli anni
sono passate qualche centinaia di parole, totali, non come vocaboli, e qualche
carezza iniziale. Poi cupi ruoli da mantenere nel tempo; erano teneri soldatini
di un regno lontano e sovrano dei loro sentimenti. Cosa si aspetta oggi questo
ragazzo dentro questo spicchio di storia. Un grammo di fortuna per bilanciare
la tara?
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