Ieri sera è stato a una festa di
compleanno al Pigneto, in una casa. Si festeggiavano i trent’anni di una
collega; gran parte degli invitati avevano su per giù quell’età. Si parlava e
ascoltava musica degli anni ottanta: Cure, Cccp, Depeche mode. Poi si è messo a
parlare con dei ragazzi informatissimi dei diaframma, dei litfiba e di quel
periodo. Gli è scappato un: ma vogliamo uscire dagli anni ottanta. Nessuno ha
sorriso, quasi nessuno ha capito. Il clima era disteso e aperto a chiacchiere
varie, tornei di freccette, una coppia che pomiciava. Si è ricordato di quando
anche lui organizzava questo genere di serate. E come gli piaceva. Dopo le
candeline una vena di malinconia l’ha piegato un po’. Ma solo un po’, poiché, da
lì a poco ha ricominciato a essere brillante come mai si sarebbe aspettato da
lui dopo questo periodo depressivo. A lui piace la performance, far ridere,
colpire al cuore e parlare al passato in tono leggero e allegro. Comico. Seduce
e gioca. Mentre parlava dei concerti dei Cure visti, durante la risposta lunga e
articolata ma, soprattutto tecnica, dell’interlocutore salentino, con la mente
è fuggito verso il ricordo di quel lontano luglio dell’ottantotto. Era partito
insieme a Lino per Padova, la mattina presto. Era il loro giorno libero dal bar,
dove lavoravano entrambi. Aveva letto su di una rivista del concerto dei Cure
allo stadio del rugby. Arrivati cominciano a chiedere del concerto. Sconcerto
dei padovani, che non ne sapevano nulla. Allora cominciano a chiedere dello
stadio del rugby, pensando, “’sti padovani che ne sanno di ‘sta musica”. See.
Lo stadio del rugby era maestoso e per niente darkettone, come lo erano invece loro
davanti a quel piazzale: nessuno dei due che accusava l’altro. Si volevano bene
e mai hanno litigato. Senza sbattere i piedi e con fare da lord si fanno una
passeggiata per le vie della città del santo. “Bella, no?” “E sì, è ben
tenuta”. Poi via: di corsa sul treno. Ma non tornano subito al paese. Si
fermano a Bologna. “Cazzo Bologna!”. Faceva un effetto sempre sacro pronunciare
la parola Bologna in quegli anni. Da lì a poco, passando da piazza Maggiore,
assistono a uno spettacolo di politica di quegli anni. Il comizio di Craxi
contestato dagli autonomi. Loro , da lord che erano, annotano tutto sul
taccuino dell’anima, e prestano la giusta attenzione all’evento. Poi un
millefoglie squisito ha deciso la fine del reportage. Tutti a casa. Senza
accusarsi mai. Senza noia. Due amici e un’unica pazienza.
Intanto il ragazzo salentino,
simpaticamente nevrotico, aveva finito la sua disamina del periodo New wave.
Lui invece si appoggia sulla poltrona e sprofonda lentamente. Ma ride, sulla
faccia ha quel sorriso contagioso che piega gli altri alla sua gioia di esserci
e partecipare a queste serate aperte dove ognuno decide di rappresentarsi come
meglio crede. Tiè.
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