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venerdì 25 novembre 2011

lui ride


Ieri sera è stato a una festa di compleanno al Pigneto, in una casa. Si festeggiavano i trent’anni di una collega; gran parte degli invitati avevano su per giù quell’età. Si parlava e ascoltava musica degli anni ottanta: Cure, Cccp, Depeche mode. Poi si è messo a parlare con dei ragazzi informatissimi dei diaframma, dei litfiba e di quel periodo. Gli è scappato un: ma vogliamo uscire dagli anni ottanta. Nessuno ha sorriso, quasi nessuno ha capito. Il clima era disteso e aperto a chiacchiere varie, tornei di freccette, una coppia che pomiciava. Si è ricordato di quando anche lui organizzava questo genere di serate. E come gli piaceva. Dopo le candeline una vena di malinconia l’ha piegato un po’. Ma solo un po’, poiché, da lì a poco ha ricominciato a essere brillante come mai si sarebbe aspettato da lui dopo questo periodo depressivo. A lui piace la performance, far ridere, colpire al cuore e parlare al passato in tono leggero e allegro. Comico. Seduce e gioca. Mentre parlava dei concerti dei Cure visti, durante la risposta lunga e articolata ma, soprattutto tecnica, dell’interlocutore salentino, con la mente è fuggito verso il ricordo di quel lontano luglio dell’ottantotto. Era partito insieme a Lino per Padova, la mattina presto. Era il loro giorno libero dal bar, dove lavoravano entrambi. Aveva letto su di una rivista del concerto dei Cure allo stadio del rugby. Arrivati cominciano a chiedere del concerto. Sconcerto dei padovani, che non ne sapevano nulla. Allora cominciano a chiedere dello stadio del rugby, pensando, “’sti padovani che ne sanno di ‘sta musica”. See. Lo stadio del rugby era maestoso e per niente darkettone, come lo erano invece loro davanti a quel piazzale: nessuno dei due che accusava l’altro. Si volevano bene e mai hanno litigato. Senza sbattere i piedi e con fare da lord si fanno una passeggiata per le vie della città del santo. “Bella, no?” “E sì, è ben tenuta”. Poi via: di corsa sul treno. Ma non tornano subito al paese. Si fermano a Bologna. “Cazzo Bologna!”. Faceva un effetto sempre sacro pronunciare la parola Bologna in quegli anni. Da lì a poco, passando da piazza Maggiore, assistono a uno spettacolo di politica di quegli anni. Il comizio di Craxi contestato dagli autonomi. Loro , da lord che erano, annotano tutto sul taccuino dell’anima, e prestano la giusta attenzione all’evento. Poi un millefoglie squisito ha deciso la fine del reportage. Tutti a casa. Senza accusarsi mai. Senza noia. Due amici e un’unica pazienza.
Intanto il ragazzo salentino, simpaticamente nevrotico, aveva finito la sua disamina del periodo New wave. Lui invece si appoggia sulla poltrona e sprofonda lentamente. Ma ride, sulla faccia ha quel sorriso contagioso che piega gli altri alla sua gioia di esserci e partecipare a queste serate aperte dove ognuno decide di rappresentarsi come meglio crede. Tiè.

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