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domenica 6 novembre 2011

Dormiveglia


Durante il dormiveglia ho fatto pulizie: differenziando tutti. I tormenti del lavoro dagli amici qualunquisti; le angosce per il futuro dalla povertà che mi schiaccia al muro grigio della realtà. Dai parenti serpenti alle infinite facce amiche-nemiche che vedo tutti i giorni.
Un tono, darsi un tono nuovo. Questa è la mia rivoluzione, perché in fondo, in fondo, credo di essere persona capace di darsi un tono e sfoderare l’arma della sincerità.
Così li schianto tutti a terra una volta per tutte (ma chi?). Pensavo, ma ero ancora a letto, dove è facile fare il supereroe de’ noantri. Poi, trasalendo e correndo per le scale mi sono accorto che era proprio tardi, e in più che non basta sentirsi forti per vincere le frustrazioni che colorano le belle giornate di questi mesi corti di miccia e lunghi di stress. No. Devo continuare a leggere Coetzee oggi, poiché la sua Elizabeth vale almeno quanto tutte le parole di certi amici che ho, bisogna ammetterlo. Nel senso che, volendo, mi sa dire più e meglio quali cose non fare, non vedere, di tante belle persone che continuano a vedermi in un modo e non capiscono che quel modo non esiste più. È morto; meglio morto il modo che io, non c’è dubbio.
Il tono, sì, oggi serve un tono diverso: deciso e forte come l’odore dell’autunno in montagna. Come un bambino che di colpo, in un giorno qualunque di settembre, cambia il timbro della voce. E tutti si spaventano e nel farlo gli regalano l’ennesimo balocco.
A me regalate quintalate di libri; e un dolce week end a Parigi.

…D’altra parte, non crede più tanto nel credere. Le cose possono essere vere, pensa ora, anche se uno non ci crede, e viceversa. Credere, in definitiva, potrebbe non essere altro che una fonte di energia, una specie di batteria che si attacca a un’idea per farla funzionare. Come succede quando si scrive e si crede a qualunque cosa si debba credere per poter andare avanti.
Tratto da “Elizabeth Costello”. Di J.M. Coetzee.

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