I piedi mettevano fretta. Si doveva
girare l’angolo, il prima possibile. Prima che la sua faccia ricompaia come mostro
a significare il mio fallimento. Una bolla soffiata male, la tua illusione. Che
ora è schiuma, rabbiosa evanescente schiuma di fine estate. Ricordi le povere onde
costrette a infrangersi per un pubblico a dir poco grottesco?
Il tirreno ha visto facce e corpi migliori
negli anni.
Ricordi il vento lento che accarezzava le fronde calde degli alberi?
Il mostro dov’era nascosto in quegli attimi pallidi? Noi stretti stretti a dimenticare
le paure. Loro forti forti a capire che la ragione tanto bussa sempre da loro. Anche
oggi, dopo l’impatto violento contro il tempo. Ora, che il buio urla il suo stupore
e ci lascia scoperti davanti alla notte. Che è qui, e mi guarda come cagna vagabonda.
Intanto filari di donne che porgono grappoli
d’uva nera a uomini inscatolati. E’ autunno, e i mostri passeggiano indisturbati
sulle strade di Roma.
Domani file di mani che si stringono
davanti a piazzali scolastici. E’ autunno, e i bimbi iniziano a conoscere i
nomi e le facce dei futuri mostri.
Per ora nessun temporale che riesca a
scacciar l’umido che si è posato nella tua testa.
Eccoci intanto salvi sopra un letto
gigante scaccia-mostri che comprerò domani; i desideri dormono già sereni. Sento
grattar alla porta, sarà il solito buffo mostro arreso che scappa da me.
Sarà già fra un mese questo mostruoso
ricordo.
Ai piedi resta la quiete.
Nessun commento:
Posta un commento