Potrebbe sembrare che me ne importi
poco di quello che (non) sta accadendo in Italia in questi giorni. In parte è
vero, l’impressione è azzeccata. Ma, dico io, come faccio a unirmi a un coro
che non ha le idee chiare su quasi nessuno dei temi cruciali in questione? Lavoro,
economia, educazione. In fondo riguardo
alla prospettiva sociale di un intero
paese. Non di una sola parte.
Da qualche tempo la mia generazione
si è affidata a comici e giornalisti, riguardo a idee e contestazioni del caso.
Poi, appena li guardo da vicino vedo: il grillino con le vene ingrossate che,
con le vene di nuovo a livello normale, mi sussurra che deve chiedere un favore
all’assessore del comune per un progetto. “E devo pensare a mia figlia…”. Altri
che quasi quarantenni, già genitori, si fanno mantenere ancora dalla famiglia d’origine,
nemmeno fossero adolescenti studenti. Hanno i figli quasi adolescenti! “E’ la
crisi, porca puttana”, blaterano. E ancora quelli che dicono: non se ne può più
di questi al potere e poi, sempre usando un tono sommesso da parroci di
campagna, ti dicono che stanno per affittare un monolocale a 900 euri agli
studenti.
Ma come?
Senza contare i piccoli favori sessuali che sento intorno a cerchie non di certo
berlusconiane. Almeno sembra. E già. Io me
ne sto da anni col compromesso in mano con una miccia cortissima: piccole
esplosioni verso la testa ci sono già state. Insomma, cerco di collocarmi in
una posizione realisticamente confacente al mio pensiero e alla mia storia, e
invece mi tocca prendere schegge in faccia e sulle ginocchia, quando intorno
vedo un fuggi fuggi verso lidi comodi ma per niente esotici. Da qualche anno mi
sforzo di non urlare più la rabbia, che pure ingoio ogni tanto, e così facendo cerco
di evitare gattopardismi e infantilismi già sperimentati dalle generazioni
precedenti, per provare un’altra carta, un altro adulto da mettere in piazza. In
questa fase mi sto arrendendo e facendolo ficco gli occhi e la testa dentro
libri luminosi di senso. Ma quanta fatica amica mia, quante belle parole
rinsecchite dall’afa inesauribile di questo settembre.
Meno male che in fondo, nel senso di
profondità umana, ho degli amici da un presente limpido anche se barcollante come
il mio. Avessimo la forza di smascherare gli ipocriti, allora si che ci
potremmo contare e, senza più disperare, considerare l’Italia un paese da
sempre fascista e corrotto. Ma al contempo considerare pure che sempre l’Italia
sia riuscita a sviluppare germi e virus dentro sacche di resistenza al peggio.
Dateci una sacca, uno stipendio
dignitoso e qualche albero, dove ripararci d’estate; il resto saccheggiatelo voi, non c'è che dire. Perché qua i figli
crescono e cominciano a reclamare giustizia. Sperando che lo facciano in un auspicabile clima d’allegria e leggerezza, come schermo esistenziale per le inevitabili rotture col mondo: anche quello vicino
eh, dei parenti e conoscenti. Che spesso
il peggio che hai intorno ti si appiccica ai polpacci che nemmeno le zecche.
Nessun silenzio è fonte di giustizia,
lo so, ma per ora mi tappo le orecchie e serro le labbra, meglio lasciare il
potere al tatto.
http://www.corriere.it/spettacoli/11_settembre_17/telecomando_7a995ab6-e0f4-11e0-98a6-ace789a755c8.shtml
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