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sabato 22 gennaio 2011

tutta per tia andrè


Una stanza luminosa: che si trova dentro a un corridoio battuto tutti i giorni da gambe nervose. Due giovani uomini dentro. Da fuori si sentono risate esagerate. Fuori i quaranta gradi romani sciolgono pure le catene più nere e arrugginite delle loro vite. Intorno: altre stanze con pazienti persone sulle sedie scure: di fronte quasi sempre un medico, a volte un infermiere. A zig e zag tra le stanze le storie poi rimbalzano sulle pareti, e alcune si frantumano a terra. Davanti ai piedi di A., lui le guarda e raccoglie quelle più aguzze. Ci torna il giorno dopo per recuperarne altre. E l’indomani ancora va e porta con sé un  raccoglitore: prova a buttarci dentro quelle minuscole, altrimenti aspirate dall’indomabile addetta alle pulizie. Ché nei due giorni precedenti era in ferie.
Una volta a casa A. si accorge che i pulviscoli che si è portato dietro sono più luminosi che visibili. Allora si lascia andare alla visione. Nel frattempo si beve una birra fredda. Si addormenta. Il sogno, che lo riporta al risveglio brusco e non desiderato, avviene in una stanza: senza mobili, una stampa impressionista sulla parete rosa. Un letto e poco più in là una finestra che butta dentro alla scena una  violenta luce estiva. Sul letto c’è una ragazza magra coperta a metà da un lenzuolo bianco. Si agita nel sonno, e di tanto in tanto urla delle parole sconosciute.  Intorno, uomini in ginocchio. Un bambino davanti alla finestra si prende tutta la luce. Dà le spalle al letto. Accenna un pianto. Nessuno lo sente. Si alza la tenda ocra, spinta da un libeccio inaspettato. Dalla strada sale un odore magrebino che cambia il colore della mattina.
A questo punto entro, allungo il passo, e mi avvicino subito al bambino: lo abbraccio alle spalle. Qualcuno chiude la porta, e non sono stato io. La via d’uscita è restare nella stanza, e provare a ridere a crepapelle e tentare di cambiar l’umore all’ambiente. Ordinare una pizza. Stappare un chianti. Chiudere la tenda. Mollare le redini.
Il bambino sta per raccontarci la storia.

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