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lunedì 10 gennaio 2011

notte paterna

La mia ignoranza fa impallidire, anche in questa serata tiepida di gennaio, la mia coscienza, che sta aggrappata come un koala a sua sorella onestà.
Intanto la mia testa, con tutti i suoi pensieri brillanti, poggia sopra le nuvole della vecchia speranza.
E stiamo solo a lunedì.

E mi viene in mente una frase che diceva mio padre dentro al letto, poco prima di sprofondare nel suo sonno da operaio: chiov’ chiov’ chiov’, s’addcrian’ chi fann l’ove.
Papà ti ho perdonato. Di esser andato via in una gelida notte di settembre. Senza neppure raccontarmi l’ultima storia.
Vabbè, rimedio raccontandone una in più ai miei figli.
Dopo i quaranta si cerca sempre un pareggio.
E la mattina si vorrebbe sempre il cielo sereno: le ossa hanno bisogno di cura.
Questa nebulosa stanca chiude una vecchia ferita, e così facendo lascia cadere l’ovatta del mio tempo sulla terra umida.
Riassunto: certe volte sarebbe meglio non scrivere, poiché l’onestà ti spinge verso il niente del niente.

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