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venerdì 7 gennaio 2011

luci di Carver

Non mi sono mai fatto abbagliare dall’esotismo di certe popolazioni; e neppure affascinare da certe tradizioni popolari che d’improvviso, anche tra di noi, anche nella testa di persone razionali e occidentali, diventano serie e pretendono di gettare nell’ombra anche i nostri pronti ragionamenti del caso.
Insomma io credo nelle storie degli uomini, nei loro risvolti psicologici, nelle loro sbandate tragiche. Ma anche nelle loro illuminanti redenzioni, che passeggiano accanto a loro magari per mesi, come cagnolini mansueti, poi, d’un tratto gli si parano davanti e tutto non è più come prima.
Così nei racconti di Carver, dove le persone riflettono spesso sulla propria storia.
Quasi sempre i suoi racconti sono dense di fatti e pensieri che riguardano il passato: il presente è il centro della riflessione. Allora tutto appare allo sbando, ogni gesto diventa precario e rischioso. Come dovrebbe essere la condizione psichica di ogni individuo davanti al cambiamento. In “Menudo”, Raymond Carver fa pensare al protagonista tutta una serie di cose successe in passato: legate perlopiù ad abbandoni. Nel presente sta in una situazione di crisi coniugale, e la sua amante dirimpettaia sta vivendo la settimana di ultimatum del marito, nella sua casa. Un intreccio che potrebbe mostrarci particolari piccanti, morbosi dei fatti. Invece C. fa soltanto stare al presente il suo personaggio tra una rastrellata di foglie secche e passeggiate insonni. Ma la forza del racconto credo stia nel far comparire sulla scena narrante ricordi significativi che vanno a scontrarsi con l’attualità: così il narrare prende forma attraverso fatti veri e fondamentali per delineare un autentico profilo del protagonista; inoltre permette al lettore di non adagiarsi dentro ad una crisi coniugale tout court, no, costringe a vedere il retro, lo sgabuzzino dei ricordi disordinati. Compare l’ex moglie con tutto il suo carico di malessere, deviato verso improbabili sette moderne; la madre che, poco prima di morire, gli aveva chiesto una radiosveglia. Lui non la comprò per questioni di principio, poi, davanti al suo corpo nell’obitorio, scoppia a piangere alla vista del contenuto della sua borsa con la misera spesa.
Poi ancora altri dettagli che non sto qui a dire ma che insieme a tutto il resto vanno a formare con delicatezza, e spietato realismo al contempo, un quadro di un mondo interiore in agguato - e braccato dai rimorsi - dalle insensatezze che il quotidiano ci impone, in maniera implacabile, come il marito dell’amante che dell’ultimatum, di riflettere incessantemente sul nostro destino. Per farci arrivare a dichiarare che il destino, dopo gli ufo, è da sempre tra le più bizzarre delle speculazioni che le persone possano permettersi. Anche se, senza esotismi di sorta, inciampare sul proprio destino potrebbe diventare una chiara via d’uscita dallo stesso…

2 commenti:

Capitan vongola ha detto...

Folgorante!

peppe stamegna ha detto...

.. anche se, rileggendolo, ho dovuto correggerlo qua e là, poichè scritto di getto....
grazie fantasma