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sabato 11 dicembre 2010

mie piccole impressioni nel tempo

Pennacchi a Formia, tra signore perbene con chioma bionda e uomini panzoni con camicia celeste ufficio, mi sono ritrovato in seconda fila ad ascoltare lo scrittore di Latina. Nel ‘95 lessi il suo primo libro. Da allora ne ha fatto di strada: come dice lui erano tutti libri preparatori a “Canale Mussolini”. In questi giorni di ubriacatura post- strega la sua stella brilla di più. A me fa piacere, poiché a volte è bello che a vincere siano persone con cui hai condiviso un pezzetto di strada, seppure solo attraverso le opere.
La sua scrittura fluida, ironica e decisa, ha avuto il merito anche di raccontare luoghi da sempre misconosciuti: Latina e il mondo delle fabbriche. Soprattutto il modo di raccontarle in soggettiva le ha reso non solo dignità –letteraria e civile – ma anche una certa vitalità che altrove non era mai emersa. Penso alle parole d’ordine degli anni ’70, dei gruppi extraparlamentari; oltre ai tanti luoghi comuni sulla provincia italiana. Insomma, Pennacchi racconta il suo mondo e lo fa diventare familiare, universale. Convince la sua poetica e ci detta le parole giuste per narrarlo. Ascoltarlo.
Ieri appariva stanco di queste presentazioni letterarie e un po’ mondane. Quest’inverno a Roma sembrava più energico, anche se costretto su una carrozzella da una sciatalgia. Allora era incazzato e si sentiva: in fondo lui dice che quando scrive litiga coi suoi fantasmi. Poi da lì escono fuori storie piene di conflitti, scazzottate. Ma ogni tanto le pagine si riempiono di fatti commoventi, parole di pietas, e allora il racconto prende la forma della vita: un continuo vorticare tra il bene e il male. Di conseguenza le posizioni che di volta in volta assume il personaggio sono autentiche, fragili e prive di spocchia retorica.
Ieri tutto appariva un po’ debole, anche le numerose persone apparivano prive di forza- c’erano pure belle persone, ma erano poche: la solita minoranza silenziosa - Una delicata decadenza assumevano le loro facce abbronzate. A chi parlava lo scrittore? a dei fantasmi bisognosi di tornare vivi? e io, che registravo tutto questo, perché non partecipavo per bene all’evento? fantasma pure io? bah, non so, certo che la Mazzucco, altra scrittrice ospite, con la sua eleganza spiazzava tutti. Risvegliava i sensi e faceva balenare sogni di fuga pensando al suo povero nonno spaccapietre emigrato in America per sfuggire ai fantasmi della fame. Era bella ieri la Mazzucco, e il suo sorriso, che poggiava su quel bel vestito lungo, dava vita a quella sonnacchiosa platea formiana.
Certo che alle persone piace sentire e vedere i suoi idoli. Così come piace pure farsi bastonare da loro: che sia con grazia, come per la Mazzucco, o con rabbia, come per Pennacchi, il desiderio è lo stesso.
Ma i giovani dov’erano ieri? i loro corpi tonici dove muovevano le proprie mosse? non di certo al Coni di Formia - che pure vede ogni giorni corpi atletici allenarsi – dove erano presenti soprattutto vecchietti abbelliti dalle vacanze oziose. I giovani stanno alla larga dal sentore di morte che sprigionano certi eventi. Peccato, visto che la Mazzucco e, soprattutto Pennacchi, hanno fatto in modo che uscisse vita dalle paludi della platea. Almeno hanno provato a svegliare le coscienze, le memorie di una cittadinanza passiva a ogni mutamento vero. A ogni cambiamento che non pregiudichi il loro caro status.
Un consiglio agli organizzatori: la prossima volta pubblicizzate l’evento nei lidi, nei bar davanti al mare, nelle discoteche. Con macchine strombazzanti che col megafono annunciano la Vita, la memoria paludosa: che possano diventare pilastri della nostra coscienza collettiva.

06 agosto 2010 peppe stamegna

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