In quest’ultimo anno è come se mi fossi ritirato dagli amici, e da certe
cose che chiamerei tradizionali, almeno per me. Per esempio, avevo una discreta
passione per gli Offlaga disco pax di Max Collini - l’ho pure intervistato qui - così come per altri personaggi che hanno nutrito i miei intensi anni ‘90. Sì,
è vero che nel frattempo in casa sono comparsi due figli, i debiti e le
disillusioni ma non è questo il punto: è che io mi stufo. E sono anche pigro,
mi sorprendo di non sentire la necessità di dovermi guardare “assolutamente”
tutte le serie tivù per sentirmi vivo. No, sarò fatto male, ma io devo
appassionarmi, incuriosirmi, fissare le persone al ristorante o in metro e
soprattutto devo amare i miei eroi! ma, come direbbe Natalia Aspesi nella sua
rubrica, come fai ad amare una folla di eroi? Nel frattempo mi sono messo anche
a leggere cose che non avevo letto a tempo debito: Le streghe, Canto di Natale,
Il diario di Anna Frank e Anna Karenina, che comincio domani. Insomma,
capitemi, ho anche lavorato sodo su più fronti, e soprattutto ho lavorato per
non scappare da “quel lavoro”: una fatica enorme resistere al cospetto di
un’ingiustizia perenne che si dissolve in sarcasmo risolutore, cos’ al contempo
riuscire ad azzerare una mia memorabile statistica di dieci lavori in dodici
anni! Be’ sono cambiato, mi sono calmato, eppure continuo a sputare fuori dal
petto delicate confessioni esistenziali sotto forma di raccontini, che non
suscitano poi tanta impressione a giudicare dal silenzio: ah caspita, lo sai
che sei cambiato tanto nel raccontare le tue paure? Questa frase mi basterebbe
per campare un altro decennio così inquietamente “calmo”.
Ettore mi ha donato, in seguito a una
mia richiesta sonnolenta durante il pranzo di Natale, due ciddì: uno dei Sorge
e l’altro dei Spartiti. Nomi astrusi che celano due personaggi che ho amato
tanto: Mimì Clementi e Max Collini. Sono lontani dal mio presente di bimbi e scelta
di materassi Memory da Mondo convenienza, ma a me piacciono da paura le storie
che mi raccontano questi due: c’è quello che siamo stati in quel disgregato e sorprendente
mondo vissuto come bimbi frementi dopo la caduta del muro. Tutti spersi abbiamo
scelto i cantucci più scomodi per fiutare ancora più libertà di prima, tradendo
ideologie mai capite fino in fondo e spiazzando i nostri sentimenti ancorati in
testa, che stavano repressi e lì lì per germogliare: ti prego l’anno prossimo
non avere opache opinioni, ma mille brillanti dubbi prima di finire un
discorso, o una giornata al mare.
Non voglio morire, invece voglio stare calmo calmo per intere giornate
piovose o serene e provare a fare il padre senza incazzarmi troppo nel primo pomeriggio,
e il marito che sa scegliersi l’angolo migliore del divano per osservare bene
l’amore la sera. E poi bere vino e chiacchierare con le amiche che confessano
di stare bene lì a chiacchierare con te in un giovedì qualunque. E gli amici,
quelli che vedi dopo mesi e pare invece che siano appena tornati dieci minuti
fa dalla pasticceria per portarti i bignè alla crema.
Chiedo scusa a quelli di cui mi sono stufato quest’anno,
sappiate che dieci minuti a volte passano in fretta e ti portano inaspettati
bignè.
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