Nell’ultimo post si avvertiva un
sentore di morte, di vertigine per i declini intravisti, e di tutte le parole di
sale non dette ma odorate, dal primo all’ultimo bit, che non avrei potuto
scrivere altro; e poi tutti se n’erano andati a dormire, comprese le
ragionevoli attese, le immancabili speranze. In realtà erano enormi e gonfie paure,
visto che oggi poi ho trottato come un mulo e nella testa pensieri come di un fanciullo
prima di tuffarsi in mare, nel mese di aprile ai primi caldi.
Antonio, capisci che la situazione
non è poi così statica: tutto si muove, come in un vortice magari, da non
lasciarci fermi neanche con le certezze nelle tasche. Mi viene voglia di
fermare ogni cosa o battito, e vedere se le cose da sole cambiano e dove vanno
a finire. Ma non ce la faccio, quindi, mi sdraio sull’asfalto e ascolto il
rombo lontano come monito per scappare verso marciapiedi infiniti. Vedo parallele
strade accompagnare i tuoi pensieri, coi tuoi preziosi consigli sui bordi per
me. Sarò forte da non deviare all’improvviso o tuffarsi in qualche altro
personaggio o idea, no, stavolta sarò saldo e luminoso nel captare ogni buona
occasione per non sragionare dietro pensieri altrui. Starò notte e giorno con
gli occhi sbarrati a osservare il mondo abbaiare. Così aspettare il momento giusto,
tra latrati e paure, per tirare su le serrande abbassate della mia bottega di parole
e colori.