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venerdì 29 aprile 2011

santa malora

Santa malora che tristezza dietro a certe parole che stanno dietro ai miei sensi, certe volte. Come nei giorni scorsi, come in certe notti affogate nei pensieri beige di carta velina. E basta, riprendiamoci la forma. Quella che, con appena un po' di contenuto, mette a nudo e dichiara la nostra consapevolezza: di stare a fare gli spettatori inquieti chiusi nei pomeriggi fumosi nelle latterie fiorentine. Quanto le ho adorate le latterie minuscole di Firenze, con i loro quotidiani appesi alla stecca di legno unta. Con i libri appilati poco prima dell'ingresso del misero bagnetto.
Una bolla di sapone questo ricordo. Già è esploso, schiantatosi contro le mie ansie. Maledette. In questa settimana di eventi epocali, mi godo, nella mia casa più alta che grande, un relax dovuto ai miei poveri nervi.
Che sia un pomeriggio normale, dentro a un giorno seriale, nell'arco di un mese accettabile. Fuori da un anno terribile, di amore e paure. Di sogno e fine.
Siedo nella poltrona che accoglie ogni infima questione che sta tra me e il male.
Passo e scappo.

giovedì 28 aprile 2011

Diaframma Verde con Nicola Lagioia

fortuna di averli ascoltati, fortuna di averli incontrati


mercoledì 27 aprile 2011

Kate Bush - Babooska


Oggi è nata Anita, figlia di una coppia d’amici. A cui voglio bene da molto tempo. Un tempo addirittura gli adoravo. Un tempo. Oggi non riesco più tanto ad adorare qualcuno. O qualcosa. Un tempo mi lasciavo entusiasmare con poco. Stavo lì ad aspettare l’entusiasmo. Chissà poi cosa è successo che mi ha reso così forte, così lontano dalla leggerezza. Una certa stanchezza umana. Una voglia di guardare le cose col loro colore. Niente è sgargiante se non viene riempito dai nostri sensi. Ma come ingannano certe volte i nostri sensi. Come ci lasciano seduti su di una panchina arrugginita la domenica mattina. Davanti scorrono le facce rugose dei nostri amici, e noi a contare le dita che si muovono per un saluto. Noi che nelle sere ventose di bufera stavamo seduti fino alla chiusura del pub, con addosso la felicità a orologeria. Quanta fatica per evitare le nostre sciagure imperiture. Mai un regalo inaspettato, sempre lì a cercare di prendere il prendibile. Così, stanotte, dentro questo mare virtuale di parole di biglie, scopro il profumo del mio tempo: una crema pro raso che appiccica l’aria sulla mia pelle. Seguo la sua scia lungo le scale pericolose, e prima di cadere sforzo un sorriso di notte di blu.

sabato 23 aprile 2011

big bang all'angolo della strada

Non è possibile che ci sia stato il big bang della materia, e neppure che la creazione sia opera di un dio. Ma c'era un gigantesco uomo molto, molto più evoluto dell'uomo attuale: poi esplode e le innumerevoli cellule sparse sulla terra vanno a formare gli uomini. Quello che siamo viene da lì.
Questo mi ha detto mio figlio grande l'altra sera.
Ora qui spiazzato dal profondo dell'anima mi accorgo che in superficie mando solo cosette, battute, pensieri moribondi. Il resto me lo tengo stretto al cappio del ricordo. Una inguaribile storia di timidezze e orgogli, una colossale fuga dalla realtà. Basterebbe mantenere la calma, scoprire le intuizioni e dargli una forma. Non attaccare gli altri, non urlare ai bambini e giocare coi sogni.
nessuna scusa può oggi tuonare contro il destino. Penso alle infinite storie tragiche che sbandano ai margini del mio giardino. Le urla del bambino che vuole uscire dalla stanza: la madre lo ha chiuso dentro per punizione. Noi fuori tremiamo e speriamo a un ripensamento della signora. Intorno le donne parlano ansiose di far qualcosa. Mi affido a loro quindi accendo la macchina e scappo.
Ecco un esempio di vigliaccheria contemporanea. Ecco chi sono dentro a questo consorzio variopinto.
Lascio lo spazio al mio figlio piccolo: che scriva lui parole ingenue sul mondo. Spetta a lui sognare con gli occhi aperti, a me resta un cuscino morbido e un libro aperto sull'ultima pagina.


sabato 16 aprile 2011

"Habemus Papa"


Una visione lenta, che trascorre il suo tempo dentro a un dramma umano: la scelta di non essere pronto per fare il papa. Una cosa lontana e fuori da ogni aspettativa. Al di là di ogni usuale morbosità che gravita intorno alle cose del Vaticano, questa scelta di rinuncia, associata ad un vagabondare del santo padre tra le vie di Roma, nel film di Nanni Moretti restituisce una faccia – intensi i primi piani – un corpo, e tante parole di autentica e umile riflessione. Intermezzi morettiani alleggeriscono e spiegano, a tratti in maniera sconvolgente – la tesi darwiniana contrapposta a quella della fede -, dove sono le pieghe e le aderenze che l’esistenza mette in campo tra noi e il caso. Tra l’uomo e la donna. Tra il bambino e l’adulto.
Questo film raccoglie in meno di due ore le ansie e le fragilità di un gruppo di cardinali, che pare stiano lì per caso, quasi che la loro presenza fosse spinta da una forza oscura, naturale. Insomma, tutto si avvicina a quel tema così importante che il regista, in maniera delicata e per niente saccente, mette in campo (di pallavolo) per offrire una chiave di lettura sul senso della vita molto casuale e lascia che ci si aggrappi all’attesa vana che tutto si ricomponga. Questo avviene alla prima teatrale a cui assiste il papa, che nessuno sa chi sia, a parte i cardinali, il portavoce, le guardie e lo psicanalista recluso nelle stanze del vaticano. Un intrigo che non va verso l’ignoto né verso il noir, si narra solo una difficoltà a restare nel ruolo designato.
“Habemus Papa” riflette un presente barcollante, in attesa di una scommessa col futuro che nessuno vuole azzardare. Così la lentezza dei movimenti, insieme all’incapacità di scegliere, mostrano un uomo in preda a conflitti quotidiani per niente assoluti o sacri: indossando la maschera dell’attore forse si riesce a spiegare le difficoltà del tempo. In fondo stiamo dentro a una bella melodia che non vogliamo abbandonare. Un desiderio di farsi accompagnare con dolcezza lungo i nostri anni.
Alla fine della proiezione mio figlio ha detto che nelle parole del protagonista si sentiva la saliva, durante la dichiarazione finale, che l’hanno fatto emozionare; quindi, dichiara, vuol dire che l’attore era proprio bravo.